
L’Alfa Romeo 33 Stradale è una fuoriserie prodotta dall’Alfa Romeo a fine anni sessanta in soli 18 esemplari.
Presentata come concept car nel 1967 al salone dell’automobile di Torino e prodotta in appena 18 esemplari, la 33 Stradale è ritenuta da molti come l’Alfa per antonomasia. La prima 33 Stradale realizzata era basata sulla omonima versione da competizione, la Tipo 33.
Quando nel 1967 si trattò di vestire la meccanica dell’Alfa Romeo “33/2” (il “2” indica la cilindrata di due litri) da competizione con una carrozzeria che interpretasse con forme raffinate quella meccanica concepita in esclusiva funzione agonistica, si ritenne senza esitazione che quel compito così impegnativo spettasse di diritto a Franco Scaglione, il designer che negli anni cinquanta era assurto a fama internazionale per l’innovazione stilistica e il linguaggio anticonformistico che aveva conferito a decine di carrozzerie ricche di impareggiabile creatività; era sufficiente rievocare le tre famose Alfa Romeo “Bat” con cui Nuccio Bertone e i suoi specialisti trasferirono sulla lamiera i concetti estrosi di Scaglione, e ancor più l’equilibrata e levigatissima Arnolt-Bristol, allestita anch’essa nell’atelier Bertone di corso Peschiera, a Torino. Scaglione si espresse anche quella volta con audacia di idee e originalità di tratto, realizzando una berlinetta profilatissima e dalle linee affascinanti. Per esigenze di abitabilità il passo venne allungato di 100 mm rispetto alla “33/2”, mentre al fine di aumentare la robustezza la parte centrale del telaio fu realizzata in lamiera di acciaio. Del motore se ne occupò il reparto corse della casa del biscione, la Autodelta.
La “33 Stradale” sfoggiò forme plastiche, fra loro sapientemente raccordate eppure concepite all’insegna della massima funzionalità; il gioco delle prese d’aria e delle ampie superfici aperte per evacuare il calore dall’avantreno e dal vano motore formarono un gioco di pieni e di vuoti di grande effetto estetico, cui parteciparono anche le ampie superfici vetrate a sviluppo panoramico (parabrezza, lunotto e i finestrini laterali, che avviluppavano anche la parte superiore del padiglione). Risulta oggi evidente come la ricerca stilistica sia stata fortemente condizionata in questa vettura dalle esigenze funzionali (le aperture integrali dei cofani anteriore e posteriore, ad esempio) e aerodinamiche del veicolo. Eppure tutto in questa carrozzeria risulta perfettamente armonizzato, privo di esitazioni o di cadute di stile.
Come viene opportunamente sottolineato in una breve presentazione grafica della “33 Stradale” diffusa dalla carrozzeria Marazzi di Caronno Pertusella – che realizzò la vettura a due passi dal Museo Storico Alfa Romeo di Arese – la “33 Stradale” è un esempio di alto stile: “si colloca a metà strada tra il manufatto dell’artigiano e l’opera dell’artista”. È spesso ricordata per essere la prima vettura prodotta ad avere le portiere ad apertura verticale, e l’estetica non risente assolutamente dei 40 anni trascorsi, a tal punto che l’odierna Alfa 8C Competizione ricorda moltissimo questa vettura.
33 stradale – Caratteristiche Tecniche
Motore Posteriore-centrale 8 cilindri a V di 90° Alesaggio 78 mm Corsa 55,2 mm Cilindrata 1995 cm3 Potenza 230 CV DIN a 8800 giri/min Rapporto di compressione 10:1 Iniezione meccanica Spica. | Trasmissione Trazione posteriore Cambio a 6 marce (sincronizzate) Leva di comando centrale Frizione monodisco a secco Pneumatici ant. 5,25Hx13; post. 6,00Lx13.Corpo vettura Coupé, 2 porte, 2 posti Telaio tubolare con elementi in lamiera Sospensioni ant. e post. a ruote indipendenti, bracci trasversali, molle elicoidali, ammortizzatori idraulici, barre stabilizzatrici Freni idraulici a disco autoventilanti. | Dimensioni e peso Passo 2350 mm Carreggiata ant. 1350 mm; post. 1440 mm Lunghezza 3970 mm Larghezza 1710 mm Altezza 990 mm Peso a vuoto 700 kg.Prestazioni Velocità 260 km/h |
Il motore deriva dalla Tipo 33, auto ufficiale Alfa Romeo in quegli anni. Il suo alesaggio è di 78 mm e la corsa di 52 mm. La distribuzione con doppio albero a camme in testa per ognuna delle due bancate e doppie valvole per cilindro inclinate di poco meno di 48 gradi. L’uso dell’alluminio e del magnesio per la realizzazione del motore era un dettaglio non inconsueto, ma importante per l’epoca. Il telaio tubolare in acciaio a elementi tubolari contribuì a ridurre il peso della 33. Ma la vera perla è rappresentata dal motore aspirato con un rapporto di compressione di 10:1. Rapporto che nella versione da pista arrivava a 11:1 e a 270 cavalli.
Il motore, posto in posizione centrale, lo stesso della Tipo 33 da competizione, non aveva praticamente nulla in comune con le unità destinate ad equipaggiare le auto di serie; era un 1995 cm³ V8 con alesaggio di 78 mm e corsa di 52,2 mm, progettato dal Direttore della Progettazione Meccanica Giuseppe Busso e poi data in gestione a Carlo Chiti, cofondatore e responsabile della squadra corse Autodelta, il reparto corse dell’Alfa Romeo. Autentico gioiello tecnologico, costruito interamente in alluminio e magnesio, disponeva di impianto di iniezione meccanica indiretta “Spica” con doppia pompa della benzina elettrica e lubrificazione a carter secco. La distribuzione è a doppio albero a camme in testa per bancata, le valvole (33 mm di diametro quella di aspirazione e 28 mm di diametro quella di scarico) sono 2 per cilindro inclinate di 48° e sedici candele (2 per cilindro). Nella versione da competizione il propulsore erogava una potenza di 270 CV ad un regime di 9600 giri/min con un rapporto di compressione di 11:1. Nella versione stradale la potenza veniva limitata a 230 cv din erogati ad un regime di 8800 giri/min con un rapporto di compressione di 10:1.
Un tale regime di rotazione era un record per l’epoca, ma anche oggi elevatissimo per un’auto da strada; la potenza di 230 cv din fa di questo motore uno dei 2.000 cm³ aspirati più potenti mai realizzati. Una potenza molto elevata per un’autovettura stradale, ancor di più se si considera che è ottenuta con la sola tecnologia meccanica e senza l’ausilio della gestione elettronica adottata dalle automobili moderne. Il rapporto al ponte è di 9/41 (con differenziale autobloccante), mentre i rapporti del cambio a sei marce sono i seguenti: I 3,25:1; II 2,18:1; III 1,60:1; IV 1,30:1; V 1,20:1; VI 0,96:1; Rm 3,273:1. La vettura è alta 990 mm, lunga 3970 mm e larga 1710 mm; il passo misura 2350 mm, la carreggiata anteriore 1350 mm, quella posteriore 1445 mm. Il peso in ordine di marcia è di 700 kg. Anche per il ridotto peso del telaio, realizzato grazie all’impiego di tecnologie aeronautiche, costruito con elementi tubolari in acciaio e fusioni in lega di magnesio, allungando di 10 cm quello della 33 da competizione costruita sempre da Autodelta, la 33 Stradale raggiungeva prestazioni inimmaginabili per il tempo come per oggi da un 2 litri, infatti la velocità massima era di quasi 260 km/h e l’accelerazione da 0 a 100 km/h era compiuta in 5,6 secondi (la rivista AutoItaliana misurò 4,9 secondi).
33 stradale – Curiosità e costi
Uno dei 18 esemplari di questa autovettura (versione con quattro fari) è conservato presso il Museo Storico dell’Alfa Romeo di Arese. Tra i 18 esemplari prodotti vi sono lievi differenze estetiche, le più evidenti delle quali sono rappresentate dalla presenza di due soli fari anteriori in luogo di quattro fari e del tergicristallo incernierato in alto o in basso.
La 33 Stradale quando fu messa in vendita (era presente regolarmente a listino presso i concessionari dell’epoca) era una delle auto più costose sul mercato: 9.750.000 lire, al tempo l’Alfa Romeo Giulia TI costava 1.570.000 lire; per una Jaguar si spendevano circa 5 milioni, mentre per una Ferrari occorrevano circa 6 milioni, la Lamborghini “Miura” si fermava a 7.700.000.
Venne concepita per pochi fortunati cultori della marca del Biscione, ma le 50 unità programmate si fermarono molto prima, riducendosi a meno di 20. Chissà quanto varrebbe oggi la 33 Stradale, dagli esperti considerata come una delle automobili di serie più belle di sempre? Questa curiosità sembra non abbia molte possibilità di essere soddisfatta. Di 33 Stradale ne furono costruite appena 18 – 12 secondo alcuni – e i possessori attuali non sembrano avere alcuna intenzione di vendere. In questi anni in cui ormai le quotazioni dei modelli d’epoca hanno raggiunto cifre inimmaginabili, un Alfa Romeo 33 Stradale non è mai stata battuta all’asta. Una Ferrari 250 Testa Rossa del 1957 ha raggiunto i 12 milioni di dollari. La Ferrari 250 GTO del 1962 aveva detenuto per molti anni il titolo di auto di serie più cara mai venduta, finché il collezionista Paul Pappalardo ne acquistata un’altra del ’63 per 38 milioni di euro.