
Nel 1988 dopo una lunghissima parentesi in cui non ero più salito a bordo di una macchina da corsa fui invitato a partecipare ad alcune gare di auto storiche. L’occasione mi fu offerta dalla Scuderia Campidoglio nella persona del Patron Fabrizio Violati e da Sergio Peroni che aveva organizzato la manifestazione che si svolgeva a Vallelunga sul lungo,credo di ricordare che fosse una due ore. La vettura era una Alfa Romeo 2600 Sprint coupè con la livrea della foto. Questa macchina, per le alchimie regolamentari delle storiche poteva essere impiegata nella categoria fino a 3000 dove si doveva confrontare con le Fiat 2300S coupè Pininfarina. La reparazione del motore permetteva al sei cilindri Alfa di arrivare a circa 240 cavalli, la scocca opportunamente rinforzata con le saldature e irrigidita dal roll bar poteva sopportare l’erogazione di questo forte incremento di potenza.Le tarature delle sospensioni permettevano a fatica di scaricare a terra i cavalli a causa dell’impiego, per regolamento, di gomme non racing. Inoltre il comportamento della vettura, piuttosto pesante, era tutt’altro che neutro. Il beccheggio era abbastanza contenuto, ma il rollio era piuttosto accentuato specialmente all’anteriore a causa del peso del grosso motore.
Con l’Alfa Romeo 2600 Sprint della Scuderia Campidoglio a Vallelunga.
Il sistema frenante era stato aggiornato con quattro dischi di grandi dimensioni. Il risultato era, e me ne resi conto cominciando a pilotarla nelle libere, che la vettura in inserimento, specialmente nel misto, era molto sottosterzante, ma nel momento in cui si accelerava tendeva poi notevolmente al sovrasterzo che andava contrastato con un attento dosaggio dell’acceleratore reso estremamente difficile dal tipo di pneumatici impiegati. In sintesi una vettura dotata di una grande coppia in erogazione, con una frenatura sufficiente, una notevole velocità sui rettilinei, ma estremamente impegnativa nel pilotaggio. Dovetti impiegare tutto il mio “antico” mestiere per portarla al limite. Ora facciamo insieme un giro sul lungo di Vallelunga, ricordando che all’epoca non c’era il nuovo tratto misto e che dai Cimini si arrivava direttamente alla trincea che era una curva estremamente impegnativa e selettiva. Con la 2600 Sprint si passava sul traguardo in quarta marcia e tirando 7000/7200 giri si appoggiava la quinta nella semicurva a sinistra che immette al curvone a destra in discesa. Badando di stare molto a sinistra era necessario dare una accostata di freno per abbassare l’avantreno ed andare a cercare il punto di corda del curvane a destra a circa 200 km. Per il comportamento della vettura che tendeva a rollare notevolmente era necessario richiamarla autorevolmente per andare poi a cercare la corda a sinistra, lasciandola scivolare però abbastanza presto e puntando il cordolo molto prima della corda, il cambio di pendenza dell’asfalto, che aiutava a rientrare in traiettoria e lo “scarrocciamento”, portavano poi a toccare la corda nel punto ideale pur avendo ad ogni passaggio l’impressione di uscire di strada sulla sinistra, in un gioco di equilibrismo nel controllare il rollio e la tendenza al sovrasterzo. Passato quel punto, c’era da affrontare la staccata dei Cimini dove si arrivava a circa 240 km, la vettura si alleggeriva al posteriore e si scalava dalla quinta alla terza badando bene a non essere brutale nello scalare le marce per non provocare il bloccaggio del retrotreno che in staccata tendeva a scodinzolare. Terza marcia quindi, per la prima dei Cimini toccando la corda e lasciando subito andare la macchina molto in alto tra le due curve per riuscire a non alleggerire nel punto di corda della seconda e lasciare scivolare il coupè con il minimo attrito possibile verso l’esterno e mettere la quarta andando a sfiorare la terra all’inizio della salita che portava verso la Trincea dove si arrivava appoggiando la quinta. Il punto di corda non si vedeva in avvicinamento e dopo aver scalato dalla quinta alla quarta ci si immetteva con un destra/sinistra con la macchina che nel cambio di direzione si scomponeva,e che andava lasciata andare in basso puntando il punto di connessione con la vecchia Curva Viterbo.
La differenza la si faceva lì, accelerando prima possibile per andare verso il Semaforo. Uno dei segreti di Vallelunga è quello di entrare al semaforo in corda senza allargarsi, uscendo dalla trincea direttamente a cercare l’inizio del cordolo. La curva ha più di 180°,se ci si allarga si fa più strada e il cambio di pendenza all’ingresso scompone ogni macchina. E’ necessario quindi finire la frenata dritti, poi seguire per metà circa il cordolo e poi di colpo aprire andando sul cordolo esterno in uscita. Inutile dire che con l’Alfone la curva era estremamente difficoltosa, se si apriva in anticipo si rischiava di andare sulla terra, se si apriva tardi si usciva bassi di giri, in terza si era ai limiti del sotto coppia e mettere la seconda era impensabile. Anche lì un gioco di equilibrismo per trovare la velocità giusta di inserimento e il momento di accelerare per arrivare poi al Tornante che andava affrontato impostandolo piuttosto largo per prendere rapidamente la corda e in seconda marcia aprire andando necessariamente ad impegnare il cordolo di uscita completamente e cercando di pattinare il meno possibile per andare ad affrontare la Esse in terza sacrificando l’ingresso per poter accelerare con decisione puntare il cordolo esterno e metter la quarta, poi curva Roma che si affrontava scalando di nuovo in terza. La curva Roma è strana, non si sa se entrare alti e cercare la corda in ritardo, oppure entrare abbastanza stretti o nel centro, l’unica cosa certa è che quando si esce se si va a toccare la terra a sinistra del rettilineo si è certi di essere usciti forte! La chiave probabilmente sta nel guadagnare tempo in ingresso. Naturalmente dipende dal tipo di macchina che si guida. Nel caso della Alfa Romeo 2600 Sprint, così ballerina, nella versione corsaiola delle storiche la soluzione che trovai fu quella di entrare al centro, controllare la sbandata
in ingresso, cercare la corda abbastanza presto, farla scorrere un poco ed accelerare con decisione verso l’esterno per andare verso il traguardo. E così è terminato il nostro giro. In coppia con Sergio Peroni vincemmo la gara. Fui poi invitato da Salvatore Genovese a guidare la sua 2600, quella con la livrea argento nella foto, in un’altra gara e vinsi così per la seconda volta con lo stesso tipo di vettura, questa volta dopo un serratissimo duello con una Fiat 2300S. In altra occasione mi invitò Fabrizio Violati a fargli da copilota sulla sua Ferrari GTO, vincemmo una Sei Ore con quel gioiello di macchina che è forse la berlinetta più bella che sia mai stata prodotta,ma questa è un’altra storia.